Artemisia Gentileschi
Artemisia Gentileschi, pittrice o “pittora” (come lei stessa si definiva), comincia a lavorare giovanissima nella bottega del padre Orazio, anche lui pittore, insieme ai suoi fratelli. Mostra presto il suo talento, ma, essendo donna, è costretta a esercitare l’arte prevalentemente in casa o nella bottega. Si esercita dunque copiando le opere trovate presso lo studio del padre. Come il padre, è influenzata da Caravaggio e dalla rappresentazione di modelli reali. Questa influenza è visibile fin dalle sue prime opere, la prima eseguita già a 16 anni, che raffigurano eroine bibliche: le immagini non sono idealizzate e esprimono tutta la drammaticità della situazione.
Un’importante svolta nella sua vita si ha quando subisce violenza, in casa, proprio dal maestro che il padre le aveva assegnato per studiare la prospettiva. Con grande coraggio – e con l’aiuto del padre – si sottopone alle difficoltà di un processo (enormi per una donna di quell’epoca) per far condannare il suo stupratore.
Dopo questo evento, nel 1612, si sposa e si trasferisce a Firenze, dove inizia una nuova vita alla corte di Cosimo de’ Medici. Lì si afferma come pittrice ed entra a far parte – unica donna – della prestigiosa Accademia delle arti e del disegno. Fa conoscenza con Galileo Galilei, il quale frequenta la corte di Cosimo e anche l’Accademia delle arti. Con Galileo intraprende una fitta corrispondenza epistolare che evidenzia anche i suoi interessi in campo scientifico. Così, ad esempio, la quattro fasi della Luna – disegnate per la prima volta in modo realistico da Galilei – sono raffigurate in modo simbolico nelle quattro immagini femminili di Betsabea al bagno (cfr. Pamela del Bianco, 2021). Potrebbe aver risentito dell’influenza di Galileo anche il secondo dei due quadri Giuditta decapita Oloferne, del 1620: alla crudità dell’immagine si aggiunge infatti la rappresentazione dello zampillo del sangue, la cui traiettoria sembra ubbidire a leggi fisiche.
La sua indole risoluta fa decidere Artemisia per un ulteriore trasferimento, stavolta a Napoli, seguita da marito e figli. A Napoli Artemisia amplia la sua produzione, dipingendo anche tele per una chiesa. Rimarrà a Napoli fino alla morte. La sua corrispondenza con Galileo non si interrompe con il trasferimento: ancora nel 1635 chiede consigli ad un Galileo ormai anziano.
«I due destini rivoluzionari si erano spesso incontrati, intrecciati, illuminati portando alla luce ciò che soltanto un pensiero innovativo e la passione fervente possono mostrare al mondo superando gli schemi fissi e gli stereotipi di ogni epoca.» Pamela del Bianco, Un'amicizia rivoluzionaria: Artemisia Gentileschi e Galileo Galilei